Aumento dal 21% al 26% della cedolare secca

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È stato presentato alle Camere del Ddl. di bilancio e il testo limita l’aumento dell’aliquota al 26% al solo caso di “di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta”.

In breve, quindi, l’aumento della tassa piatta riguarderebbe le locazioni abitative di durata non superiore a 30 giorni, quando il locatore destini alla locazione breve da due appartamenti in su, mentre la possibilità di applicare la cedolare al 21% resterebbe valida per chi destini alla locazione breve un solo appartamento.

Inoltre, dovrebbe restare possibile applicare la cedolare con le aliquote ordinarie nel caso di locazione di (anche più di) due appartamenti, purché uno solo sia destinato alla locazione breve: ad esempio, se Tizio locasse un appartamento con contratto a canone concordato (3+2), un appartamento con contratto di locazione ordinaria (4+4) e uno con contratti di locazione breve e optasse per tutti e tre per la cedolare, applicherebbe la tassa piatta al 10% sul primo appartamento e al 21% sugli altri due. Solo se destinasse due degli immobili alla locazione breve, l’aliquota della tassa piatta passerebbe al 26% .

Si ricorda, poi, che, attualmente il regime fiscale delle locazioni brevi, sia con applicazione della cedolare che con tassazione ordinaria, è riconosciuto solo in caso di destinazione di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta. Al superamento di tale soglia, l’attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale.

Quindi, se la norma del Ddl. di bilancio venisse confermata nella sua forma attuale, avremmo due diversi limiti “quantitativi” per le locazioni brevi:

–          da 2 appartamenti destinati alla locazione breve, l’aliquota della cedolare salirebbe al 26%;

–          da 5 appartamenti destinati alla locazione breve, la cedolare è del tutto esclusa, in quanto si realizza l’esercizio dell’impresa.

Tornando all’aumento dell’aliquota, va rilevato che la norma del Ddl. di bilancio continua a intervenire direttamente sull’art. 4 del DL 50/2017, che definisce come “locazioni brevi” tutti i contratti di locazione di immobili abitativi di durata non superiore a 30 giorni stipulati da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa, sicché l’innalzamento dell’aliquota dovrebbe applicarsi indipendentemente dall’eventuale destinazione turistica.

Nulla cambierà invece per gli immobili di proprietà delle società semplici e degli altri enti non commerciali per i quali rimane preclusa l’applicazione della cedolare a prescindere dalla durata del contratto.

Poiché la cedolare secca rappresenta un’opzione esercitabile per ciascun contratto, il locatore che destinerà alla locazione breve più di un appartamento dovrà valutare la convenienza fiscale dell’opzione per la tassa piatta con la nuova aliquota al 26%, rispetto alla tassazione ordinaria.

Ai fini di questo conteggio occorre tenere presente l’ipotesi, per il 2024, di accorpamento dei primi due scaglioni di reddito mantenendo l’aliquota del 23% e la revisione già in atto dal 2022 dello scaglione successivo che prevede un’imposizione del 35% fino a 50.000 euro, oltre il quale l’aliquota sarà pari al 43%.

A tali percentuali occorre poi sommare le aliquote delle addizionali regionali e comunali anch’esse, solitamente, differenziate per scaglioni di reddito.

Per quanto riguarda la base imponibile la cedolare si applica sul canone lordo mentre il reddito fondiario è determinato assumendo il maggior ammontare tra il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5% (salvo eccezioni), e la rendita catastale iscritta in Catasto e rivalutata.

Pertanto il calcolo di convenienza avverrà, in linea di massima (limitando l’esame alle imposte sui redditi, senza considerare imposta di registro e di bollo, anch’esse sostituite dalla cedolare), confrontando il canone di locazione moltiplicato per il 26% e lo stesso canone, ridotto del 5%, moltiplicato per l’aliquota marginale dell’IRPEF, sommata a quella delle addizionali regionali e comunali, propria dello scaglione di reddito nel quale si posizionerebbe il canone dopo essere stato sommato agli altri redditi dell’anno.

Tale scelta, che può essere fatta a posteriori, in sede di determinazione delle imposte, va però valutata anche alla luce delle eventuali detrazioni di imposta, tendenzialmente di natura immobiliare, in capo al soggetto passivo.

Infatti le stesse possono essere scomputate esclusivamente dall’IRPEF e non anche dalle addizionali o dalle imposte sostitutive e la quota di competenza dell’anno eccedente l’imposta lorda viene persa, in quanto non può essere chiesta a rimborso né può essere riportata al periodo d’imposta successivo.

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